Dagli Zanni ad Arlecchino
La tradizione che identifica Oneta come patria prima degli Zanni e poi di Arlecchino può essere inserita nelle vicende della famiglia locale dei Grataroli e nella loro presenza, come tanti altri emigrati bergamaschi, a Venezia.
A metà del Quattrocento, infatti, molti bergamaschi – soprattutto delle valli – emigrarono a Venezia in cerca di fortuna, dando vita a una comunità attaccata alle proprie radici e alla propria identità e manifestando delle caratteristiche comuni e stereotipate che entrarono a far parte della nascente letteratura popolare della laguna. Nacque così la maschera dello Zanni che identificava una figura rozza, sguaiata, tonta, dalla parlata rude, aspra e cadenzata.
Con la Commedia dell’Arte, nel Cinquecento, la letteratura popolare assunse connotati più raffinati e meno volgari e dallo Zanni nacque la maschera di Arlecchino.
Arlecchino incontrò enorme successo in Europa, soprattutto in Francia, in Spagna e in Germania, dove i comici italiani erano chiamati per rappresentare la maschera.
Tra di loro ci fu anche Alberto Ganassa o Zan Ganassa, un bergamasco che soggiornò nelle principali corti europee riscuotendo notevole successo e che, chiamato in Francia alla corte di Carlo IX e Caterina De Medici, si attribuì il nome di Harlequin.
Secondo alcune testimonianze Zan Ganassa, ormai ricco e affermato, tornò a Bergamo e acquistò Palazzo Grataroli.
Questo fatto però non trova conferma nelle fonti poiché negli atti notarili la casa risultò di proprietà della famiglia Grataroli fino all’inizio dell’Ottocento.
Il costume di Arlecchino
Nelle sue prime rappresentazioni lo Zanni indossava un’ampia casacca bianca con larghi pantaloni chiari e un cappello appuntito e piumato.
Con il tempo, si coprì sui gomiti e sulle ginocchia di foglie multicolore richiamando l’abbigliamento dell’Homo Selvadego. Questo abbigliamento rappresentava la povertà, gli stenti e le fatiche che caratterizzavano il personaggio messo in scena.
Nella seconda metà del Cinquecento si arricchì di una maschera nera con un bitorzolo sulla fronte simbolo della caduta del diavolo sulla Terra. Questa caratteristica riprendeva alcune leggende francesi secondo cui l’Harlequin era un diavolo conduttore di altri diavoli obbligato a cavalcare durante le oscure notti invernali per espiare i peccati commessi.
Il costume dello Zanni divenne quello che ancora oggi caratterizza il personaggio di Arlecchino a partire dal Seicento. Il cambiamento si deve all’attore Domenico Biancolelli, che portò Arlecchino nelle piazze italiane e che fece diventare il costume e i modi dello Zanni più gentili: i frammenti multicolori si ordinarono a losanga, apparve il grande colletto bianco, la grossolanità facchinesca diventò un’esuberanza indiavolata e i salti scomposti acquisirono ritmo e danza.
Bibliografia di riferimento
Allardyce Nicoll, Il mondo di Arlecchino. studio critico della Commedia dell’Arte, Milano, Bompiani, 1965
Fausto Nicolini, Vita di Arlecchino, Il Mulino, 1993
«La Rivista di Bergamo», n. 22-23
Mario Apollonio, Storia della commedia dell’arte, Firenze, Sansoni, 1982
Ferruccio Marotti (a cura di), La commedia dell’arte, storia, testi, documenti, Roma, Bulzoni, 1991